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Trattenersi e non re-agire

Aggiornamento: 4 giu 2020




Uno degli effetti della mindfulness sul nostro cervello è tecnicamente chiamato inibizione della risposta. Nella letteratura scientifica si parla di “controllo inibitorio” (inhibitory control) per riferirsi ad un insieme di capacità che permette all’individuo di regolare il proprio comportamento, in modo da produrre una risposta adeguata rispetto o al contesto. Più precisamente, la capacità di inibizione è l’abilità di reprimere un’azione impulsiva per metterne in atto una più adattiva e funzionale.

Il neuroscienziato Clifford Saron, in un capitolo del libro scritto a più mani Guarire con la meditazione, espone i risultati del “Progetto Samatha”, avviato nel 2007 per studiare scientificamente gli effetti della meditazione. In uno dei test cui furono sottoposti i meditanti (e, in parallelo, il gruppo di controllo che non praticava) venne chiesto di premere un pulsante ogni volta che sullo schermo apparivano linee lunghe (il 90% dei casi) e trattenersi dal farlo in presenza di una linea corta. Dai risultati emerse che i meditanti erano più in grado di trattenersi rispetto ai non praticanti.

Questo esperimento confermò la validità del suggerimento degli insegnamenti buddhisti che ci esortano a coltivare, tramite la meditazione, la capacità di trattenere le risposte impulsive, specie in situazioni emotivamente cariche.

La monaca Pema Chödrön, nel libro Se il mondo ti cade addosso, illustra una meditazione che le fu insegnata e che trovò molto utile da praticare. Racconta: “Una volta partecipai a un interessante esercizio di meditazione che combinava la consapevolezza con il trattenersi. Ci venne detto di fare semplicemente attenzione ai movimenti che facevamo quando ci sentivamo a disagio. Iniziai a notare che in quei momenti facevo delle cose tipo tirarmi un orecchio, grattarmi il naso o la testa anche se non mi prudevano, sistemarmi il colletto…”.

Questa semplice meditazione le permise di accorgersi di tutti gli impulsi che sorgono in noi quando proviamo sensazioni sgradevoli (fosse anche solo fastidio o irrequietezza). E ne trasse questa considerazione: “Trattenendoci, vediamo che c’è qualcosa tra il sorgere del desiderio – o dell’aggressività o della solitudine o quello che è – e ciò che facciamo di conseguenza”.

È quello “spazio” di cui ci parla lo psicologo Vicktor Frankl in una sua famosa frase, che recita così: "Tra lo stimolo e la risposta c'è uno spazio. In questo spazio sta il nostro potere di scegliere come rispondere. Nella nostra risposta sta la crescita e libertà". Le nostre risposte reattive non sono dovute agli stimoli, ma da cosa facciamo nello spazio/tempo tra lo stimolo e la risposta: è proprio lì che possiamo fare la differenza. Possiamo, infatti, lasciarci trascinare da pensieri di giudizio e schemi mentali/comportamentali abituali, oppure decidere di riprenderci il potere (e, quindi, la responsabilità) di scegliere come rispondere in modo più adeguato alla situazione.

Jon Kabat-Zinn, nel libro Guarire con la mindfulness, sempre a proposito di questi stimoli, aggiunge: “Se cominciamo a prestare attenzione a questi impulsi appena nascono scopriremo forse di esserne sostanzialmente dipendenti (…) Che effetto farebbe prendere dimora nel proprio corpo, nella sensazione di essere vivi e basta, anche se per pochi attimi, diciamo per cinque minuti…? Potete scoprirlo, naturalmente, solo se incontrate voi stessi, evitando deliberatamente di riempire il momento presente di qualcosa, specie di ansie per il futuro”.

Di questi tempi è facile lasciarsi prendere dall’ansia: ciò che quotidianamente e continuamente sentiamo ci preoccupa; e il pensiero del domani ci angoscia. Perché se ora ci allarma il COVID-19, ci spaventa la crisi economica che ne seguirà.

E così ci perdiamo la sensazione di essere vivi e basta.

Jon Kabat-Zinn, nello stesso libro, ci suggerisce: “Quando emozioni del genere – impazienza, rabbia, paura, preoccupazione, rancore, tristezza – sorgono e cominciano ad agitarvisi dentro, potete cercare di esserne consapevoli; potete giocare a vedere che effetto fa restare insieme a quelle emozioni e limitarsi a respirare con loro un po’ più a lungo di quanto abitualmente credete di poter sopportare”. E Pema Chöndrön specifica le due fasi come segue: “Imparare a non fare del male a noi stessi o agli altri è un insegnamento buddhista fondamentale che riguarda il potere curativo della non-aggressione (…) Per non fare del male bisogna partire dalla consapevolezza (…) Il passo successivo sta nel trattenersi. La consapevolezza è il punto di partenza: trattenersi la via”.

Ma perché è così importante trattenersi?

Nel libro Mindfulness e cervello, lo psichiatra Daniel Siegel scrive: “Quella che chiamiamo emozione è una funzione centrale e dinamica che integra il comportamento, il significato, il pensiero, la percezione, il sentimento, la razionalità e il ricordo. Quando parliamo di regolazione delle emozioni ci riferiamo al monitoraggio e alla modulazione di questa vasta gamma di funzioni”. E poi circa l’inibizione della risposta aggiunge: “creiamo la non reattività sviluppando quei circuiti del cervello che permettono ai circuiti più bassi, che generano gli affetti, di essere regolati da quelli più alti che li modulano. Questo equilibrio tra l’attivazione delle emozioni e la loro regolazione è spesso concettualizzato come la relazione tra l’amigdala limbica, subcorticale e la corteccia prefrontale.” Spiega subito dopo: “Nel cervello, la corteccia prefrontale ha delle connessioni dirette con le aree limbiche più basse. Queste connessioni permettono alle aree prefrontali sia di valutare lo stato di attivazione delle regioni corticali sia di modulare le loro scariche neurali (…) Le aree prefrontali possono coordinare ed equilibrare le scariche limbiche in modo che la vita possa avere significato e ricchezza emotiva, evitando che ci siano scariche eccessive, che rendono la vita caotica, o scariche troppo ridotte, che rendono la vita noiosa e deprimente”. E rispetto alla meditazione Siegel dichiara che “la consapevolezza mindful può influenzare direttamente la non reattività alterando le connessioni tra la corteccia prefrontale e le zone limbiche”.

Ecco perché è importante trattenersi! Ogni volta che dentro di noi, nei circuiti cerebrali più profondi (le aree limbiche) sorge uno stimolo emotivo o un impulso all’azione istintivo e irriflesso è fondamentale attivare, attraverso pratiche mindful, le aree prefrontali per regolare e modulare la nostra risposta affinchè essa sia adattiva, funzionale ed equilibrata.

Scrive Pema Chödrön: “Non ci facciamo prendere dalla reazione a catena che trasforma cose minuscole in cose gigantesche. Lasciamo che le cose restino minuscole. E restano piccine. Non si ingrandiscono fino a trasformarsi nella terza guerra mondiale o in violenza domestica. Tutto viene dall’imparare a fermarsi per un momento, a non fare impulsivamente e ripetutamente la stessa cosa”. E poco dopo aggiunge: “Significa rallentare abbastanza da prestare attenzione a ciò che diciamo e facciamo. Più osserviamo le nostre reazioni emotive a catena e comprendiamo come funzionano, più è facile trattenersi.” E conclude: “questo processo è liberatorio: è la liberazione che avviene naturalmente quando siamo completamente qui”.

E, allora, perché non iniziare subito ad allenarci a trattenerci e non re-agire?

Nel link qui sotto trovi un mio breve video in cui ti illustro due semplici pratiche per esercitarti a non reagire: https://www.youtube.com/watch?v=nyXZKUMZLQ8

Buona pratica!

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